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La difficoltà o l'inadeguatezza delle persone a reperire adeguate risposte ai bisogni emergenti implica la necessità di riflettere sui servizi sociali e sanitari da erogare; sono soprattutto le situazioni che si discostano dal modello di “normalità”, determinato dalla cultura dominante, secondo la quale ogni persona è autonoma nel rispondere alle proprie esigenze, a rendere indispensabile un ripensamento sui modelli di offerta proposti e a ricercare quelli più idonei.
 

La percepita incapacità a individuare ed escogitare risorse e rimedi può derivare da malattie, comportamenti devianti, povertà. In generale si può affermare che il sentimento di inadeguatezza sia collegato alla presenza di disfunzioni organiche, per le quali è spesso richiesto un intervento medico, oppure sia espressione della mancanza di lavoro, di ruoli socialmente riconosciuti, dello svantaggio ambientale e culturale connesso a disabilità fisiche o psichiche. Sono condizioni che producono in genere una domanda di aiuto indirizzata ai servizi sociali e sanitari.
 

La richiesta di soccorso può assumere connotazioni differenti e riguardare i diversi ambiti della vita quotidiana e relazionale; anche le unità di offerta possono mutare, specialmente in rapporto al variare delle condizioni culturali e dei contesti socio-economici. Si verifica che alcuni bisogni rivestano una certa importanza in un periodo specifico o in una data realtà e che tale rilevanza si modifichi quando cambiano le coordinate di tempo e di spazio nelle quali i bisogni si manifestano.
 

In tale prospettiva si colloca il tema dell'autonomia funzionale dell'individuo, specie anziano.
 

Nella fase della crescita, la mancanza di autonomia nella persona (bambino) non è interpretata in chiave patologica, poiché i genitori suppliscono a tale incapacità, almeno fino a quando il bambino, diventato adolescente, giovane e adulto acquista sempre più una condizione di indipendenza. In questo periodo della vita viene considerata patologica l'incapacità o il rifiuto dei genitori ad intervenire sul bambino, come si verifica nei casi di abbandono o di assenza della famiglia. D'altra parte lo “status” di non autonomia del bambino fa parte del suo processo evolutivo e gli eventi, interni ed esterni, il trascorrere del tempo riducono di fatto tale mancanza, fino a superarla. In questa dinamica l'eventuale malattia assume un ruolo secondario rispetto alla globalità del processo di crescita.
 

Il quadro di riferimento cambia quando si parla di non autonomia correlata al processo di invecchiamento; la non autosufficienza tende ad essere valutata, classificata e trattata allo stesso modo di una patologia e come tale viene a costituire il principale motivo della richiesta di aiuto. E' inoltre opportuno ricordare che la risposta fornita all'anziano si colloca all'interno del processo di invecchiamento, diverso per ogni persona, e che può risentire delle immagini negative della società moderna riguardo all'età senile; l'intervento assistenziale non è mai da considerarsi separato o separabile rispetto alla globalità del progetto esistenziale dell’anziano, inserito in un determinato contesto: familiare, sociale, ambientale. La qualità e l'efficacia di un programma di recupero, indipendentemente dalle specificità delle misure riabilitative, deve riconoscere il significato e l'importanza che esso viene ad assumere per l'anziano verso il quale è rivolto e per il quale è stato pensato e realizzato.
 

Ogni domanda di aiuto dell'anziano deve essere considerata in una prospettiva olistica, anche quando appare associata ad una patologia e si esprime come richiesta di soluzione della malattia lamentata. Il vecchio si ammala e chiede di guarire; si sente solo, emarginato e chiede di risolvere la sua solitudine; si sente depresso, non sa come occupare il proprio tempo e chiede di poter continuare a lavorare. Non si può considerare la malattia, la solitudine, la depressione svincolate dalle dinamiche che caratterizzano l’esperienza dell’invecchiare. L'attenzione alla persona che sta invecchiando, ai suoi timori e aspettative deve ritenersi una condizione imprescindibile sia quando si interpreta la domanda di aiuto, sia quando si orienta la ricerca delle soluzioni e si scelgono gli interventi da attuare.
 

Le domande di aiuto degli anziani riguardano quasi sempre problematiche complesse. La malattia si associa alla solitudine; il pensionamento favorisce l'emarginazione sociale; la depressione si correla alle perdite e all'approssimarsi del proprio finire. Questo susseguirsi di eventi riduce progressivamente la capacità e l'autonomia dell'anziano nel rispondere alle proprie esigenze, costringendolo a chiedere aiuto e assistenza.
 

In età infantile si verifica l'abbandono della dipendenza; nel corso della vecchiaia e della longevità si procede verso una ridotta autonomia. Il bambino tende sempre più a far da solo, l’anziano tende progressivamente a chiedere un sostegno; un intervento realizzato in funzione di un bisogno espresso dal vecchio, spesso allevia anche altre necessità. Il malessere manifestato può nascondere diverse problematiche, l'attenzione riposta, le modalità relazionali utilizzate nel considerare un sintomo, fisico, psichico o sociale si riflette sulla persona, nella sua globalità e spesso anche sui familiari.
 

Relativamente alla posizione delle patologie, occorre sottolineare almeno due aspetti tipici dell'invecchiamento:
 

- il processo di invecchiamento amplifica, per vari motivi, gli effetti delle patologie, specialmente quelli inerenti alle condizioni di autonomia funzionale;
 

- non sempre la patologia è la ragione reale della domanda di assistenza.
 

Gli interventi per contenere, ridurre o risolvere i problemi presentati dagli anziani non si ispirano unicamente ai modelli tradizionali. La domanda di aiuto è in genere connessa con la globalità dell'invecchiare; l'assistenza e la riabilitazione non si pongono come obiettivo la rimozione delle cause che hanno compromesso l’autonomia, ma la miglior qualità della vita possibile in determinate condizioni psicofisiche ed ambientali.
 

In altri termini i bisogni degli anziani sono spesso collegati alla ridotta autonomia, molte volte irreversibile. La non-autosufficienza non esprime di per sé una situazione di non-normalità, potenzialmente in grado di evolversi verso un’altra “più normale” o di normalità. Ogni disabilità presenta disfunzioni, limiti, che a volte è possibile, almeno parzialmente, recuperare o compensare, ma esula dalla condizione di malattia e dalla restitutio ad integrim, dalla guarigione intesa come ripristino di uno stato di salute precedente all'evento patologico. La disabilità è una nuova e differente condizione di funzionalità del corpo che si riflette sulle dimensione emotiva ed esistenziale.
 

All'anziano si tende ad attribuire un significato di normalità diversa rispetto a quella rilevabile nelle persone più giovani; una sorta di normalità “relativa”, che può contenere una quota di difficoltà, più o meno severa, nel rispondere ai propri bisogni; in realtà si tratta di un livello di normalità corrispondente al grado di autonomia funzionale, connessa alle condizioni generali nel quale si determina il processo di invecchiamento.
 

Il concetto di normalità viene ad acquisire una differente applicazione nei confronti della vecchiaia e della longevità. Ma forse, sarebbe preferibile sostenere che l'assunto di normalità possa essere considerato nella prospettiva del ciclo di vita e dei suoi processi fisiologici; si eviterebbe, in tal senso, la ripartizione e la frammentazione di un modo di pensare alla norma in funzione dell'età che richiede solamente un atteggiamento flessibile.
 

L'assistenza offerta dai servizi equivale spesso ad una forma di sostituzione o integrazione di una abilità perduta o di una capacità compromessa, a causa di un evento o patologia frequenti in età senile. Raramente esiste la possibilità di riprendere le condizioni precedenti alla domanda di aiuto; vi è soprattutto la probabilità che si stabilisca un nuovo grado di autonomia, anche relativa (a causa di una patologia stabilizzata o cronica) che rimane nel tempo. In tal modo gli obiettivi dell'intervento assistenziale possono sempre essere rappresentati dal raggiungimento del massimo grado di autonomia funzionale realizzabile, personalizzata all'anziano ed all'ambiente nel quale è inserito.
 

E' nella relazione fra la domanda formulata dagli anziani e le risposte erogate dai servizi che si sviluppa e si delinea la problematica organizzativa che si riferisce alle finalità e capacità dei servizi di ottenere risultati soddisfacenti e di acquisire le modalità di controllo della loro qualità ed efficacia.
 

L'attuale crisi dei servizi corrisponde ad una inadeguatezza tra la configurazione organizzativa e strutturale delle unità di offerta e le caratteristiche della domanda di assistenza da parte degli anziani e delle loro famiglie. Ciò comporta un'analisi degli aspetti fondamentali dei modelli organizzativi ai quali i servizi sociali e sanitari si ispirano.

ANZIANI E SERVIZI

 

Franco De Felice

 

Il modello tradizionale ed il ruolo della famiglia
 

Nel periodo che precede l'intervento della struttura pubblica, quando non sono ancora manifeste le condizioni economiche, sociali e politiche per farne richiesta, l'assistenza all'anziano viene assicurata dalla famiglia, che rimane sostanzialmente l'unica identità di riferimento.

Ciò significa che l'eventuale aiuto richiesto ed erogato ad uno dei componenti della famiglia in condizioni di bisogno, è sempre vissuto e considerato un soccorso elargito alla famiglia stessa, e questo evita fin dall'inizio qualsiasi forma di separazione tra la persona che necessita di sostegno e la sua famiglia.

Il gruppo familiare non è una semplice aggregazione di persone che condividono gli stessi spazi, di tempo e luogo; i legami esistenti tra le diverse persone non sono soltanto di ordine razionale e funzionale, ma anche di tipo affettivo e generazionale, per cui le relazioni che si realizzano hanno sempre specifiche caratteristiche e rappresentano esperienze uniche e originali. La famiglia corrisponde ad una entità sociale integrata che esprime capacità e modalità d'essere e svilupparsi, un'autonomia verso l'esterno; in altri termini essa gode di una vera e propria identità sociale, riconosciuta dai suoi componenti e dalle istituzioni presenti nella comunità. E' la famiglia, nel suo insieme, che interagisce con l’ambiente, anche quando si presenta un singolo problema o uno solo dei suoi membri necessita di aiuto, impegnandosi in modo da non scomporre l'equilibrio e non indebolire l'identità.


 

 

Quando un anziano esprime una domanda di aiuto, è l'intera famiglia che risponde, sebbene vi sia la consapevolezza che determinati compiti verranno assegnati ad alcuni (generalmente le donne) e non ad altri. Se il vecchio richiede un soccorso, quale un intervento medico, un sostegno economico o un ricovero ospedaliero, è tutta la famiglia che si sente assistita e in condizioni di necessità, e non soltanto la persona che esprime il bisogno dal quale scaturisce la domanda di aiuto. Il ricorso all'esterno viene interpretato come un segno di ridotta autonomia e capacità della famiglia a garantire le risposte soddisfacenti alle esigenze dei suoi componenti e quindi una situazione di emergenza da risolvere il più presto possibile.

L'anziano, anche se malato e privato dell'autonomia funzionale, non viene mai separato dal suo contesto familiare, se non per gravi ed eccezionali motivi; egli continua a far parte a pieno titolo della famiglia che esprime solidarietà e comprensione per i suoi problemi. Il nucleo familiare si pone come il principale riferimento per la difesa della salute e dell'assistenza all'anziano.

Inoltre i vari componenti della famiglia vivono contemporaneamente ruoli e condizioni diversi: il vecchio continua ad essere coniuge, padre o madre, nonno o nonna; l'adulto conserva la funzione di figlio o figlia, ma anche di coniuge, di padre o madre verso i più piccoli e insieme di lavoratore e quanto ne consegue; ognuno mantiene lo “status” che la generazione, la storia e l'esperienza gli ha assegnato, prescindendo dalle capacità di autonomia del rappresentante più anziano.

La condizione di disabilità, temporanea o permanente, non implica un’estromissione automatica dal gruppo, ma rimane inserita nel contesto originario e viene opportunamente compensata e assistita dalla famiglia, secondo regole sociali solitamente codificate, ma anche in rapporto alle dinamiche, solidarietà, esperienza e spontaneità delle persone coinvolte. Può anche verificarsi che, la presenza dell'anziano non autonomo, induca progressivamente gli altri componenti del nucleo familiare a modificare i rispettivi comportamenti, in modo da ridurre al minimo le conseguenze negative della perduta o ridotta autosufficienza.

La famiglia che non trascura i suoi componenti più deboli, favorisce e consolida sentimenti di tutela e sicurezza, allontana il rischio di patologie sociali, quali la solitudine o altre forme di emarginazione. Il gruppo familiare “prende in carico” il vecchio disabile nella sua globalità, assicurando una risposta alle sue varie esigenze, indipendentemente dal grado di non autosufficienza che egli presenta. Il ricovero ospedaliero del proprio congiunto anziano viene vissuto come un'esperienza collettiva, condivisa che difende anche il senso di appartenenza privato e sociale della famiglia; l'accompagnamento in ospedale, in reparto, l'assistenza e le visite frequenti, prevengono o attenuano sofferenze e disagi connessi a possibili sentimenti di abbandono, inadeguatezza e disadattamento che a volte complicano o aggravano le condizioni cliniche del vecchio.

Questo modello “privato”, storicamente riconosciuto, di gestione delle problematiche familiari presenta aspetti positivi, ma anche alcuni punti critici.

Lo stato di salute dell'anziano dipende da molti fattori, fra i quali hanno un ruolo spesso determinante le condizioni socio-economiche e culturali della famiglia di appartenenza; i nuclei più sfavoriti possono trovarsi in difficoltà nel garantire autonomamente un'adeguata qualità di assistenza e integrazione del vecchio sofferente; ne conseguono situazioni di eterogeneità e disparità relativamente ai risultati di salute e autosufficienza. Nella famiglia la distribuzione di compiti e responsabilità appare spesso differenziata. E' in genere la donna che si occupa dell'anziano disabile, molte volte a tempo pieno, costretta a tralasciare spazi per coltivare altre attività e interessi, a limitare la propria libertà personale. Il gruppo familiare tende a delegare alla sua componente femminile (moglie, figlia, nipote dell'anziano) l'onere dell'assistenza in termini di gestione, organizzazione e programmazione. Accade che la continuità e l’efficacia degli interventi familiari sia correlata alle capacità di intraprendenza e alla forza di tolleranza di una donna che, lasciata sola, può incorrere in una condizione di fatica, fisica ed emotiva, tale da richiedere misure di supporto sostitutive, fra cui un ricovero dell'anziano.

Inoltre la famiglia che si assume la decisione e l'incombenza di assistere il proprio congiunto in difficoltà procede di frequente sulla base della tradizione e delle conoscenze personali, sulla spontaneità dei comportamenti che non sempre rispondono alle reali esigenze dell’anziano, ai mutamenti dei bisogni, individuali e collettivi, e rimane esclusa dall'opportunità di usufruire dei risultati della ricerca biologica, medico-scientifica, dello sviluppo e della specializzazione delle professioni.

La mancanza di una professionalità assistenziale dei familiari si riflette specialmente nella valutazione e nell'orientamento alla autonomia funzionale. In alcuni famiglie si osserva una prevalenza di modalità relazionali caratterizzate da sottomissione e deferenza nei confronti dell'anziano, che possono indurre un eccesso di attenzioni e cure, ma anche un disimpegno dell'anziano stesso, oppure una preponderanza di atteggiamenti di incomprensione e trascuratezza che insinuano nel vecchio un sentimento di abbandono e una conseguente demotivazione.

In questo modello, le soluzioni assistenziali, quali la casa di riposo, la residenza protetta, appaiono come alternative alla famiglia stessa. L'anziano, curato per lungo tempo nella propria casa, quando viene istituzionalizzato perde ogni contatto significativo con la comunità e il contesto culturale di appartenenza. Dal canto suo la famiglia, costretta a scegliere la soluzione del ricovero, accetta l'interruzione del rapporto con il proprio parente disabile come segno evidente del suo fallimento assistenziale; così è l'Istituto, con i suoi ritmi e le sue regole, che si "prende in carico" l'anziano non autosufficiente, provvedendo alle sue necessità. 

 

l modello della "stato sociale"
 

 

La situazione descritta si modifica notevolmente con l'emergere e l'affermarsi dei modelli culturali e organizzativi che si ispirano al Welfare State. Contestualmente cambia anche la struttura familiare e si sviluppa un concetto di salute più ampio rispetto a quello di impostazione organicista.

Secondo il modello dello stato sociale esiste innanzitutto un bisogno di equità da promuovere e tutelare; ad ogni anziano deve essere garantito il diritto di una condizione di salute ottimale e soddisfacente, indipendentemente dalla situazione familiare, sociale, culturale ed economica. Per salvaguardare tale diritto occorre un impegno da parte dell'organizzazione sociale e dei servizi che tendono a costituirsi come riferimento diretto per l'anziano e la sua condizione di salute, senza richiedere la mediazione e i coinvolgimento dei familiari dell'assistito.

La posizione della famiglia cambia quasi radicalmente: si rileva una specie di esclusione o perlomeno di forte riduzione del suo ruolo. Da un lato si osservano difficoltà obiettive della famiglia a rispondere in modo adeguato alle crescenti esigenze degli anziani; sono diminuite le sue risorse e disponibilità connesse anche alle trasformazioni sociali e culturali avvenute (gruppi nucleari, unità monocomponenti, spazi abitativi razionalizzati, emancipazione e professionalità della donna, nuovi modelli di vita relazionale, ecc.)

 

Nella prospettiva del modello sociale la ridotta importanza del ruolo della famiglia sembra essere soprattutto motivata dalla necessità di riconoscere l'anziano in quanto individuo con una sua specificità e condizione ontologica, ed i suoi problemi di interesse e impegno della collettività, svincolati in qualche modo da possibili legami di dipendenza con la famiglia.

La definizione dell'anziano come unità sociale e giuridica, con una sua dignità e capacità di orientamento nel contesto della comunità e dei servizi, implica una considerazione diversa anche della famiglia, che se da una parte riveste una funzione marginale nei confronti del congiunto anziano, dall'altra viene ad assumere una configurazione a sé stante, una identità autonoma con le sue esigenze e disagi.

Tendono ad emergere ed evidenziarsi due concetti non esplicitati nel modello tradizionale:

- un modello di salute al quale corrisponde una condizione di benessere e qualità di vita, e non semplicemente una assenza di malattie;

- l'importanza della salute non soltanto degli anziani, ma di tutti i componenti della famiglia anche in funzione delle aumentate difficoltà nel garantire un'appropriata assistenza.

E' opportuno inoltre segnalare che relativamente al processo di invecchiamento l'evoluzione delle scienze: mediche, psicologiche e sociali, continuano ad elaborare e proporre nuovi livelli e concezioni di benessere, ulteriori obiettivi da raggiungere, anche attraverso interventi sempre più impegnativi. Nascono nuove professioni, specializzazioni, modelli di servizi capaci di ottenere risultati impensabili nell'ottica del modello tradizionale, più affidato al buon senso e alla dedizione delle persone che alla ricerca scientifica sulle problematiche dell'anziano.

Le maggiori necessità delle persone in età avanzata, le trasformazioni familiari e sociali, le nuove conoscenze in ambito scientifico, i cambiamenti degli stili di vita richiedono una flessibilità dei servizi, delle strutture e della loro organizzazione. Il progressivo riconoscimento delle esigenze da affrontare e soddisfare implica una diversificazione di riposte: ampliamento e incremento dei servizi, riadattamento strutturale e funzionale di quelli esistenti, la realizzazione di nuove unità di offerta.

Gli elementi innovativi riguardano soprattutto gli aspetti istituzionali ed organizzativi dei servizi rispetto ai loro contenuti che molte volte riproducono gli interventi eseguiti prima dalla famiglia. L'esempio più evidente è rappresentato dal servizio di assistenza domiciliare, modulato spesso sul profilo della "donna di casa". Si ritiene che l'onere assistenziale, trasferito dalla famiglia al servizio pubblico, tuteli maggiormente l'anziano dai vincoli gestionali ed economici del contesto di appartenenza, facilitando il raggiungimento degli obiettivi di salute, anche per ogni componente del gruppo familiare. 

 

 La crescita dei servizi e delle specializzazioni

 

 

 

La crescita dei servizi, specialmente sul versante dell'organizzazione e della razionalizzazione, nonché i risultati della ricerca scientifica, impongono una progressiva ridefinizione degli ambiti di competenza delle unità di offerta e la necessità di una sempre maggiore specializzazione, finalizzata a migliorare l'efficacia degli interventi. La conseguenza diretta di tale sviluppo è rappresentata dall'accentuazione delle divisioni tra i servizi; le differenti aree di conoscenza professionale, teorica ed operativa, vengono a costituire i confini entro i quali ogni servizio trova legittimazione e forza.

L'affermarsi di un'organizzazione di servizi specialistici, settoriali e parcellizzati influenza i processi di formazione e le modalità di espressione della domanda di aiuto; le richieste di soccorso e sostegno tendono ad adeguarsi alla tipologia degli interventi erogati, si modulano sulle caratteristiche di strutture e servizi e gradualmente si conformano alle specializzazioni proposte diventando domande "specialistiche", sempre più orientate verso le unità di offerta esistenti.

L'incremento delle conoscenze e dei servizi consente di identificare, definire e distinguere meglio i bisogni: somatici, psicologici e sociali, ma rischia anche di adattare le richieste alle competenze presenti sul territorio.

 

Si verifica spesso che l'istituzione di un servizio, oltre a rispondere alle esigenze che l'hanno determinato, per effetto di meccanismi di autolegittimazione e automantenimento, tende a modificare l'espressione del bisogno e della domanda di aiuto. Accade talvolta che la struttura richiami e favorisca un ordine di necessità e richieste, indipendentemente dalle ragioni che ne avevano indotto la domanda e la successiva realizzazione e che nel contempo possono essere state ridimensionate o superate. Il servizio si può sviluppare e soprattutto conservare in base a dinamiche di autoconferma, interdipendenza e reciproca legittimazione tra offerta e domanda, oltre alla specificità del contesto e dei suoi aspetti epidemiologici. La rilevazione di nuove necessità suggerisce l'istituzione di nuovi servizi che si alimentano per esigenze differenti, connesse alla relazione fra domanda e risposta, fra desiderio e soddisfazione.

In ambito geriatrico, specialmente in riferimento al problema della non autosufficienza, tale tendenza sembra trovare ampia applicazione, in quanto la perdita graduale dell'autonomia, correlata al processo di invecchiamento, determina nuovi bisogni verso i quali la famiglia incontra crescenti difficoltà nel fornire risposte adeguate e che richiedono servizi e strutture diverse da quelli esistenti. Ne deriva una sorta di modello a spirale, a volte difficile da governare e gestire, nel quale è possibile il verificarsi di una inadeguatezza di costi e risultati in termini di salute per gli anziani.

Il rischio che un servizio dovrebbe sempre prevenire ed evitare è costituito dalla tendenza, che talvolta si osserva, ad enfatizzare il problema e la patologia per i quali viene chiamato ad intervenire, altrimenti si può determinare una rottura fra integrità e globalità dell'anziano e le malattie di cui soffre. L'unità della persona, garantita nell'ambiente familiare, nel quale l'anziano continuava a vivere nella molteplicità di ruoli e situazioni, rischia di non essere tutelata dai servizi, non sempre in grado di riconoscerla, farsene carico e considerarla come un proprio obiettivo. Ogni servizio propende a sviluppare e codificare modalità, atteggiamenti e strategie verso il disagio, la patologia o la disabilità di cui è competente e gli operatori si limitano a garantire prestazioni, sempre migliori ed accurate, ma spesso incontrano difficoltà nel confrontarsi con i risultati di salute, conseguiti e attesi. Raramente un servizio, da solo, può produrre benefici significativi riguardo alle condizioni di salute dell'anziano.

Le diverse esigenze espresse dall’anziano trovano risposte frazionate, in rapporto alla specificità dell’unità funzionale, assistenziale alla quale si rivolgono.

Le necessità economiche sono in larga misura corrisposte dal sistema previdenziale e talora da sussidi elargiti dagli enti locali. Inoltre, in molte realtà, sono state adibite o realizzate per gli anziani situazioni abitative, a titolo gratuito o a costi proporzionati alle loro capacità finanziarie.

Le richieste socio-assistenziali vengono gestite dall’assistenza domiciliare che provvede alla pulizia della casa, all’igiene della persona, alla preparazione dei pasti, all’accompagnamento per varie commissioni, a cui si aggiungono interventi di tipo culturale e ricreativo attraverso i centri di aggregazione sociale e le attività di animazione. Nelle situazioni più gravi si ricorre a forme di istituzionalizzazione in residenze protette.

Le esigenze sanitarie fanno riferimento alla assistenza medica ed infermieristica di base, domiciliare e ambulatoriale, dagli ospedali diurni, dalle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), dalla medicina specialistica e dagli ospedali generali per le emergenze.

Le diverse necessità possono coesistere, intrecciarsi e talvolta complicare le condizioni generali dell’anziano. La domanda di aiuto espressa dalla persona in età avanzata è spesso connotata da una complessità inerente alle dimensioni biologiche, psicologiche e sociali. Le richieste di sostegno non appaiono sempre evidenti, ma sono sfumate, talora nascoste. A volte la domanda esplicita non corrisponde all’esigenza più urgente o rilevante dell’anziano e la richiesta necessita di essere approfondita, interpretata, chiarita con l’assistito, spesso mediante l’ausilio dei familiari.

La domanda manifesta può afferire ad un servizio, ma il reale bisogno, non espresso, richiede altre competenze professionali. Le caratteristiche multidimensionali della domanda riflettono una molteplicità e una integrazione di interventi che non possono essere di pertinenza di una singola unità di offerta. La mancanza di coordinamento e interdisciplinarietà fra la rete dei servizi genera conflitti, rivendicazioni di competenze e confusione nell’assistenza e nella cura dell’anziano.

Il vecchio è spesso interprete non di una sola domanda, ma di più domande contenute in una.

Di conseguenza la pretesa di un servizio di rispondere a un bisogno, non considerando altre necessità, diventa estremamente fragile a fronte di una realtà complessa dell'anziano. Molti servizi, nell’intento di superare tale difficoltà, tendono ad ampliare gli ambiti di intervento, sovrapponendosi ad altre competenze. I conflitti si acuiscono specialmente quando riguardano aree istituzionalmente separate, come quelle sanitarie e socio-assistenziali.

A volte si aggiunge l’atteggiamento degli operatori che identificandosi con il servizio di appartenenza e difendendo lo specifico ruolo professionale contribuiscono a conservare e stabilizzare le divisioni organizzative esistenti. Nelle residenze per anziani, l'integrazione potrebbe essere facilitata dal contesto organizzativo e sociale, apparentemente meno complesso, tuttavia le dinamiche che sottendono alla preparazione, al riconoscimento e alla valorizzazione delle competenze professionali, la tendenza a focalizzare il proprio intervento in modo elettivo, a considerare altre misure e prestazioni come complementari, mantengono elevato il divario fra servizi, trattamenti e operatori. La relazione assistenziale e terapeutica viene in tal modo a costruirsi fra singole unità, rimanendo settoriale e parcellizzata, rischiando di vanificare l’efficacia dei risultati e l’apporto di altre discipline.

La mancata integrazione, la rigida separazione e la conflittualità fra servizi rappresentano la conseguenza di un modello di sviluppo che produce una frammentazione degli interventi e impedisce un corretto atteggiamento verso l'anziano, con il rischio di eludere l'obiettivo finale della promozione e della tutela della sua autonomia funzionale, considerata in una prospettiva globale, olistica.

La situazione appare più problematica e impegnativa in quanto i vari servizi appartengono ad enti di natura diversa, organizzativa e amministrativa; comuni, province, regioni, Aziende Sanitarie Locali, istituzioni convenzionate, associazioni no profit o di privato profit si interessano, spesso separatamente, dell’anziano e della sua famiglia.

Nel modello è contemplata una molteplicità di offerte che formano un sistema soltanto formale, poiché in realtà ciascuna unità funzionale tende a sviluppare peculiari strategie di intervento, non sempre con la necessaria attenzione alle esigenze globali dell'anziano. Ogni servizio riflette una propria organizzazione, strutturale e gestionale, una specifica competenza professionale.

L'anziano subisce la divisione e la parcellizzazione degli interventi assistenziali e continua a richiedere alla propria famiglia, con modalità diverse, quel riconoscimento e quell'atteggiamento globale di cui avverte il bisogno e che non riceve dai servizi. La richiesta di aiuto ritorna alla famiglia, indipendentemente dalla sua reale idoneità a sostenere l’anziano; è una sorta di rinvio, nel contempo simbolico e strumentale, poiché tende a riprodurre un passato, non più ripetibile, e a mettere in crisi il sistema dei servizi, impreparato a rispondere ai bisogni complessivi delle persone in età senile.

Di fatto si viene a costituire una situazione ambigua, caratterizzata da una dinamica di rimando e delega delle responsabilità fra servizi pubblici e privati, famiglia, volontariato; in tal modo l'anziano rischia di non ricevere adeguata tutela e assistenza, di essere incompreso ed emarginato.

Lo stato dei servizi per gli anziani, le condizioni economiche, ambientali e culturali appaiono molto diverse in rapporto al contesto sociale e territoriale di appartenenza; la situazione descritta si riferisce prevalentemente alle realtà regionali e locali più fortunate nelle quali il modello di Welfare State ha incontrato condizioni favorevoli per svilupparsi.

Sorgono interrogativi sul futuro dello Stato Sociale; alcuni, considerando l’inadeguatezza del sistema dei servizi per gli anziani, ritengono necessario offrire maggiori opportunità al privato sociale, alle iniziative spontanee del volontariato, all’impegno della famiglia. Ciò che si prospetta non è nuovo e lo testimonia la storia della carità e dell'assistenza, centrata sulla solidarietà delle comunità e sulla dedizione delle famiglie. Ma proprio l'esperienza passata, che pure ha risolto tanti problemi individuali, non ha potuto assicurare equità e giustizia sociale, come attualmente viene richiesto.

Lo Stato Sociale si pone come obiettivo principale di impedire il formarsi di nuove disparità e di ridurre quelle esistenti, nella consapevolezza delle molte difficoltà da superare e della parzialità dei risultati conseguiti. Sarebbe forse opportuna una riflessione sulle modalità, organizzative e gestionali, da impiegare per raggiungere una maggiore efficacia e qualità dei servizi. Le esigenze emergenti, sempre più diversificate, in età senile richiedono attenzione, sensibilità e modulazione delle varie unità di offerta: politiche, sociali, amministrative, professionali.

 

Note conclusive
 

Le trasformazioni familiari, sociali e culturali, le realtà urbane sempre più cosmopolite e multietniche, l’aumento della vita media, l’attenzione ecologica, la qualità dell’esistenza influenzano e caratterizzano le eventuali necessità e richieste di tutela e accudimento. L’incremento del numero dei vecchi comporta un aumento dei rischi alla salute: fisica, affettiva, relazionale e sociale. I servizi e le strutture per anziani devono orientarsi verso i bisogni emergenti e modulare le proprie offerte. Solitudine, povertà, emarginazione, declino fisico e mentale costituiscono le principali sofferenze dell’anziano. La famiglia si è assottigliata, i figli sono spesso impegnati, a volte lontani. In alcune realtà si è smarrito da tempo il ruolo e la partecipazione del vicinato. L’anziano è sempre più solo e necessita di persone che ne comprendano la storia, le esperienze vissute, il loro senso, che lo aiutino a sentirsi inserito nella comunità, ad essere motivato a intraprendere percorsi di recupero e di stima di sé, ad essere accompagnato nel procedere della sua esistenza.


 

 

I cambiamenti radicali avvenuti e attuali, i fenomeni legati all’immigrazione, il costante progresso tecnologico e il trend evolutivo della popolazione richiedono sempre nuove considerazioni e pianificazioni dei servizi per gli anziani. Il diminuito apporto della famiglia moderna e talvolta della comunità, specie nelle aree metropolitane e urbane, amplificano l’importanza e la qualità di offerta dei servizi, che si vedono sempre più attribuire compiti, responsabilità, attività, mansioni diversificate e di vario impegno assistenziale.

La realtà sociale in trasformazione, il numero progressivamente maggiore di persone longeve e delle situazioni di ridotta autonomia, le caratteristiche delle future generazioni di anziani comportano la predisposizione di nuovi servizi o una ristrutturazione di quelli esistenti, oltre a una costante adattabilità e flessibilità degli interventi.

Diventa fondamentale un coordinamento e una interazione permanente fra le diverse unità assistenziali operanti sul territorio. La rete dei servizi ha una funzione di osservatorio delle problematiche dell’anziano, di tutela delle sue esigenze e garanzia dei suoi diritti di salute. Una valida prevenzione sociale, una corretta informazione e la qualità offerta dovrebbero alimentare sentimenti di fiducia e di appartenenza al sistema dei servizi e permettere il mantenimento a domicilio dell’anziano in difficoltà.

Le unità di offerta devono, quando è possibile, coinvolgere nei programmi di inserimento, assistenza e recupero i familiari dell’anziano e le associazioni di volontariato che se ne occupano. Le relazioni affettive costituiscono irrinunciabili fattori di salute, specie dei parenti più prossimi, delle persone che si amano.

Un servizio efficace deve prevedere un progetto di formazione continua dei propri operatori, anche in considerazione dell’immissione crescente nelle strutture di assistenza di persone provenienti da differenti aree geografiche, culturali, etniche, confessionali, delle esigenze emergenti dell’anziano sul piano organico, mentale e sociale, degli orientamenti delle giovani generazioni e dei nuovi vecchi. La preparazione del personale è spesso determinante nel promuovere o confermare la tipologia e la qualità di un servizio, nel conferirle un’immagine di accoglienza e fiducia.

Il modo in cui si difendono, si assistono e si curano i vecchi rappresenta un indicatore del livello di umanità dei servizi, di sviluppo e civiltà del territorio di appartenenza. 

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